Le sigarette possono ‘mandare in fumo’ il lavoro del dentista. In caso di malattia delle gengive (parodontite), infatti, il fumo riduce l’efficacia delle terapie, per esempio della rimozione del biofilm batterico che causa il problema. Chi fuma ottiene minori benefici dal trattamento e le tasche gengivali, in cui si concentrano i batteri, restano più ‘aperte’ con rischio di perdita dentale. La conferma arriva da uno studio quasi unico nel suo genere per dimensioni del campione e durata (1551 individui coinvolti, seguiti per 35 anni) che è stato condotto in Svezia.
Il fumo e la cura delle gengive
Che il fumo contribuisca a ridurre l’efficacia delle cure parodontali è un dato consolidato da tempo. Gli effetti del fumo su gravità e progressione della parodontite sono ben noti e tante le evidenze scientifiche anche sull’influenza del fumo sull’esito della terapia. Tanto che il fumo è proprio una delle controindicazioni all’esecuzione di procedure chirurgiche ricostruttive dei tessuti parodontali. Anche per quanto riguarda la terapia non chirurgica (che consiste nella pulizia sotto-gengivale) da alcuni anni sono state accumulate evidenze sull’effetto negativo del fumo.
Le terapie sono meno efficaci sui fumatori
Il trattamento non chirurgico della parodontite riduce le tasche superiori a 4 mm (la cui profondità è un segno del rischio di perdita dentale) sia nei fumatori sia nei non fumatori. Ciononostante è stato scoperto che a un anno dal trattamento la riduzione è più pronunciata nei non fumatori. I clinici svedesi hanno visto che mentre nel fumatore a un anno dal trattamento si riduce una tasca su due (il 51%), nel non fumatore se ne riducono 3 su 4 (72%).
Il problema del fumo è dato da più fattori
Innanzitutto, il fumo causa tossicità diretta dovuta alla nicotina e ai prodotti della combustione con alterazione del microcircolo. Inoltre, provoca la sclerosi dei tessuti gengivali che diventano meno capaci di rispondere all’insulto dei batteri. Poi vi è l’effetto sistemico del fumo che altera e distrugge alcune funzionalità immunitarie e quindi mette più a rischio di infiammazione, sia sistemica, sia locale a livello delle gengive. Infine, anche la rigenerazione del tessuto gengivale dopo la pulizia procede più lentamente nel fumatore. È importante, quindi, che il paziente fumatore che si appresti a una terapia parodontale sia messo al corrente che parte delle cure consiste proprio nella cessazione del fumo.
Rinunciare solo a qualche sigaretta non basta
La cosa interessante è che smettere di fumare solo transitoriamente non ha effetto. Le conseguenze positive si vedono solo dopo la cessazione duratura del vizio e solo dopo dieci anni si azzera il rischio parodontale fumo-collegato. Il dentista, dunque, deve sempre avere l’accortezza di chiedere al paziente se fuma e di avvertirlo dei rischi a ciò correlati, cercando di motivarlo a eliminare questa abitudine nociva che può provocare anche problemi con gli impianti dentali, aumentare il rischio di tumore del cavo orale oltre a tutte le altre ben note complicanze di natura sistemica.
Fonte: ansa.it
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